Introduzione
Le tendinopatie croniche sono un problema comune per pazienti la cui attività richiede movimenti ripetitivi. Campioni istologici provenienti da tendiniti croniche hanno confermato che non si tratta di una condizione infiammatoria acuta, ma piuttosto un fallimento della riparazione tendinea associato a degenerazione angiofibroblastica.
La causa è probabilmente una combinazione tra uso intensivo (i cosiddetti microtraumi ripetuti) e un’anomala risposta microvascolare con conseguente ridotto flusso di sangue al tendine; la ridotta vascolarizzazione riduce l’apporto di ossigeno e nutrienti, rallentando i processi riparativi e favorendo quelli degenerativi. In questi casi non si verifica un’adeguata risposta infiammatoria e la malattia tende a cronicizzare.
Talvolta le tendinopatie sono causate da patologie sistemiche (artrite reumatoide, insufficienza renale, gotta, ipercolesterolemia) e possono essere favorite da fattori costituzionali (dismetrie degli arti, anomalie delle curve del rachide, varismo/valgismo articolare, conflitti articolari).
Il sintomo principale delle tendinopatie è il dolore nella zona del tendine leso; tale dolore si accentua o compare durante la palpazione dell’area interessata o durante i movimenti attivi e passivi che coinvolgono il tendine. Al dolore si associa una riduzione della forza dei muscoli collegati ai tendini coinvolti dal processo patologico.
Il tendine degenerato ha una resistenza ridotta ed è più suscettibile a rotture complete o parziali.
Numerosi metodi sono stati utilizzati per il trattamento delle tendiniti, compresi riposo, somministrazione di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), terapia fisica di tipo riabilitativo, ionoforesi, onde d’urto, e l’utilizzo della tossina botulinica. Sono state inoltre utilizzate infiltrazioni locali di corticosteroidi e vari tipi di procedure chirurgiche.
Ultimamente l’utilità di alcuni di tali trattamenti è stata messa in discussione. Ad esempio, una recente relazione ha osservato che non vi è nessuna differenza tra l’uso di corticosteroidi o di anestetici locali quando si trattano tendinite croniche del gomito.
Frequentemente la patologia cronicizza e diventa resistente ai trattamenti conservativi (riposo, esercizio, infiltrazioni), come descrivono Cook et al., che riportano un 33% di soggetti affetti da tendinopatia rotulea i quali non riescono a tornare alla completa attività sportiva per più di 6 mesi.
I risultati del trattamento chirurgico di tenotomia sono variabili, con pochi studi affidabili in letteratura. L’analisi retrospettiva ha portato a risultati funzionali subottimali, con pazienti che non sono mai tornati a livelli di attività sportiva precedente alla lesione.
L’istopatologia delle tendinopatie croniche ha dimostrato l’assenza di cellule infiammatorie normalmente presenti nelle patologie acute e una degenerazione del tessuto tendineo in tessuto angiofibroblastico. L’obiettivo del trattamento prevede, quindi, dapprima di interrompere e, quindi, di invertire il processo di degenerazione del tessuto che è alla base della patologia. Questo è possibile solo attraverso la proliferazione dei fibroblasti nell’area affetta, la promozione dell’angiogenesi e l’apposizione di nuovo collagene.
L’attenzione è ricaduta, di recente, sui fattori di crescita coinvolti, in vivo, nelle diverse fasi di riparazione; tali fattori sembrerebbero avere un ruolo chiave proprio nelle fasi più precoci del processo riparativo, caratterizzate da una intensa proliferazione di cellule destinate a differenziarsi in tenociti.
A tale proposito agli inizi degli anni ’90, con sempre maggiore interesse scientifico e applicabilità clinica è invalso l’utilizzo del gel piastrinico autologo per stimolare la rigenerazione tissutale (guarigione di ulcere cutanee), sia in ambito ortopedico (osteogenesi riparativa), che in altri campi specialistici (soprattutto in chirurgia maxillo-faciale). Il razionale di utilizzo di questa metodica è da ricercarsi nel fatto che, nei granuli alfa delle piastrine sono contenuti dei fattori di crescita in grado di stimolare la rigenerazione tissutale, sia con un effetto sulla replicazione cellulare, che sulla differenziazione cellulare stessa, a partire da cellule mesenchimali. Tra essi il TGF-β (Transforming Growth Factor beta) , il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) principale responsabile dell’angiogenesi e il PDGF (Platelet Derived Growth Factor) che riveste sicuramente un ruolo primario in quanto è in grado di agire anche a livello delle cellule staminali indifferenziate, favorendone la moltiplicazione.
Il microambiente tissutale (tessuti cutanei, tendinei od ossei, ad esempio) determina poi la differenziazione fenotipica.
Inoltre, le piastrine attivate dalla trombina rilasciano ulteriori citochine, oltre a quelle menzionate, in grado di promuovere la proliferazione di cellule tendinee umane in coltura.
Sulla base di tali considerazioni, si è pensato di verificare i potenziali effetti sulla riparazione tendinea dei fattori di crescita piastrinici. Vi sono infatti tutti i presupposti validi per la possibilità di accelerare il processo di riparazione e poter effettuare una mobilizzazione attiva e passiva quanto più precoce possibile.
Indicazioni
– Epicondilite (“gomito del tennista”): dolorosa infiammazione dei tendini che si inseriscono sulla sporgenza ossea laterale del gomito;
– Epitrocleite: tendinopatia del tendine d’inserzione comune dei muscoli flessori del polso e delle dita;
– Fascite plantare: infiammazione cronica della fascia plantare del piede;
– Tendinopatie croniche a carico del tendine d’Achille, del tendine tibiale posteriore e del tendine rotuleo (knee jumpers o “ginocchio del saltatore” );
– Tendinite ischio-crurale: muscolo-tendinopatia dell’inserzione prossimale dei muscoli ischio-crurali, situati nel retro coscia.
– Pubalgia: tendinopatia dei muscoli addominali e adduttori della coscia.
– Trocanterite (o periartrite dell’anca): un’infiammazione dei tendini che si inseriscono sul grande trocantere e della borsa sierosa che li ricopre.
– Periartrite scapolo-omerale: infiammazione di uno o più tendini della spalla, noti nell’insieme come “cuffia dei rotatori”.
La quantità di concentrato piastrinico da iniettare dipende principalmente dalle dimensioni del tendine da trattare. Normalmente vengono iniettati 3cc di concentrato piastrinico in casi di epicondilite e di epitrocleite mentre tutte le altre affezioni vengono trattate con 6cc di concentrato.
Preparazione del concentrato piastrinico
Il sistema RecoverTM, sfruttando la naturale differenza di densità fra i vari tipi cellulari, permette di concentrare la frazione di cellule mononucleate grazie ad un semplice processo di centrifugazione. Il sistema prevede pochi semplici passaggi:
– in sterilità iniettare il sangue anticoagulato (30-60cc) nei tubi sterili del sistema Recover;
– centrifugare a 3200 rpm per 15 minuti; al termine di questo processo si ottengono 3 strati: il plasma povero di piastrine, il plasma ricco di piastrine e i globuli rossi.
– dall’apposito portale si estrae solo il plasma ricco di piastrine (3-6cc) e si aggiungono 0.05 ml di bicarbonato di sodio per ogni ml di concentrato piastrinico per ridurre l’acidità e la sensazione di bruciore prima dell’iniezione
Il prodotto contiene piastrine ma anche altre cellule mononucleate della linea ematopoietica che in un habitat adatto possono rilasciare citochine angiogeniche e osteogeniche ed avere quindi un effetto clinico aggiuntivo.
Infiltrazione del concentrato piastrinico nel tendine affetto
Dopo aver accuratamente disinfettato la cute nel sito di iniezione si iniettano 2-3 ml di anestetico locale nella cute e nel tessuto sottocutaneo e 0,5 ml nel tendine.
Dopo 2-3 minuti di attesa, il concentrato piastrinico viene iniettato nell’area di maggior dolore; attraverso un unico tramite cutaneo si praticano perforazioni multiple nel tendine.
Al termine della procedura si applica una medicazione pronta e il paziente rimane a riposo per 15 minuti.
Post-trattamento
Nei primi giorni successivi alla procedura il paziente dovrà assumere farmaci analgesici (non anti-infiammatori) e posizionare ghiaccio ad intervalli in caso di dolore.
L’astensione da attività fisiche vigorose o da attività sportive dovrà essere rispettata per 4 settimane. Dopo 48 ore e per le prime 2 settimane devono essere svolti esercizi di allungamento dell’unità muscolo-tendinea trattata e dopo 2 settimane possono essere iniziati esercizi di potenziamento muscolare.