Le miocardiopatie o cardiomiopatie sono l’insieme di disordini che influiscono soprattutto sul muscolo cardiaco, esse vengono denominate primitive, in quanto non possono derivare da nessun altra malattia precedente.
Si dividono in:
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Miocardiopatia Dilatativa: è una condizione patologica del cuore che si manifesta con la dilatazione ventricolare e la disfunzione sistolica. La cardiomiopatia dilatativa può essere secondaria a numerose condizioni, la più comune delle quali è la coronaropatia diffusa con conseguente danno ischemico del miocardio.
In altri casi il danno miocardico può derivare da deficit alimentari, malattie endocrine (diabete mellito, malattie della tiroide, feocromocitoma), agenti infettivi (batteri, rickettsie, virus, protozoi, elminti).
Anche agenti farmacologici (chemioterapia) o sostanze tossiche, ad esempio l’etanolo (miocardiopatia alcolica) o la cocaina, possono essere responsabili di cardiomiopatia dilatativa.
In alcuni casi non è possibile riconoscere una causa evidente. In questo caso si definisce “cardiomiopatia dilatativa idiopatica“. Quest’ultima forma deriva da alterazioni muscolari intrinseche al muscolo cardiaco, geneticamente determinate (in maniera sporadica o con trasmissione familiare, coinvolgenti il solo muscolo cardiaco o anche altri tessuti muscolari dell’organismo). Diversamente dalla cardiomiopatia ipertrofica i geni coinvolti corrispondono a proteine del citoscheletro.
Da recenti studi è emerso che i soggetti che presentano un numero estremamente frequente di extrasistoli (molte migliaia al giorno) possono sviluppare una forma di cardiomiopatia dilatativa. In questi casi, riducendo o annullando il numero delle extrasistole (ad esempio tramite ablazione radioelettrica) si assiste, nella quasi totalità dei casi, a una progressiva regressione della cardiomiopatia.
La cardiomiopatia dilatativa, al pari delle altre cardiomiopatie, è un delle cause di insufficienza cardiaca. Tachiaritmie ed embolia periferica o polmonare possono presentarsi in alcuni casi. Facilmente si raggiunge una frazione di eiezione cardiaca inferiore al 25%.
Esistono vari esami, tutti utili per comprendere sia meglio il danno, sia eventuali altri danni collaterali: radiografia del torace, attraverso la quale si osservano gli eventuali versamenti pleurici, le strie di Kerley e un aumento dell’ombra cardiaca, solitamente indicata come un aumentato rapporto cardio-toracico, l’elettrocardiogramma dove si possono riscontrare delle alterazioni del tratto ST e dell’onda T, e le varie aritmie susseguenti alla dilatazione (la più comune risulta la fibrillazione striale), l’ecocardiografia, con tale esame si comprende meglio la gravità della dilatazione e la relativa ipocinesia segmentaria del ventricolo sinistro.
Il trattamento è mirato all’insufficienza cardiaca.
Il trattamento base consiste nella somministrazione di diuretici, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina e bloccanti dei recettori beta-adrenergici.
Nei casi di cardiopatia dilatativa da valvulopatia aortica / mitralica, eseguendo la sostituzione valvolare prima della irreversibilità della cardiopatia, si assiste spesso ad una riduzione dei diametri e dei volumi del cuore, ed a un aumento della frazione di eiezione.
Il trapianto cardiaco si impone nei casi più gravi per salvare la vita alla persona o attraverso l’installazione di un device meccanico atto a accompagnare il paziente durante l’attesa del trapianto cardiaco.
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Miocardiopatia Ipertrofica: è una malattia del miocardio (il tessuto muscolare proprio del cuore) caratterizzata da un ispessimento delle pareti cardiache (cardiomiopatia = malattia del muscolo cardiaco, ipertrofica = aumento di spessore delle pareti cardiache), senza alcuna causa evidente. È una malattia genetica, a trasmissione familiare, determinata da mutazioni su geni che codificano per le proteine del sarcomero, l’unità contrattile del miocardio.
Il decorso della malattia è molto variabile. La maggior parte dei pazienti ha un decorso favorevole in assenza di sintomi o complicanze importanti. Una minoranza può sviluppare sintomi di insufficienza cardiaca (dispnea che si presenta dopo sforzi di grado variabile) o aritmie potenzialmente pericolose per la vita. I sintomi, e in particolare le aritmie, possono svilupparsi indipendentemente dall’età, ed anche in pazienti molto giovani. La cardiomiopatia ipertrofica, essendo spesso presente in assenza di sintomi, è anche la causa più frequente di aritmie pericolose per la vita negli atleti. La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia genetica determinata da mutazioni in uno dei geni che codifica per le proteine del sarcomero. È la malattia genetica cardiaca più frequente, con un prevalenza di circa 1:500 nella popolazione adulta generale. Sono riconosciute attualmente più di 450 mutazioni in 13 geni associati alla cardiomiopatia ipertrofica. I principali geni implicati sono quelli codificanti la catena pesante della miosina, la proteina C legante la miosina e la Troponina T. È possibile trovare una mutazione genetica in circa il 60% dei casi e questo significa che rimangono ancora molti geni che devono essere scoperti. Essendo una malattia genetica, è fondamentale che tutti i familiari di primo grado vengano sottoposti a periodico screening cardiologico.
La malattia è caratterizzata da un ispessimento delle pareti cardiache, spesso asimmetrico (cioè coinvolgente prevalentemente il setto interventricolare, che è la parete cardiaca che separa il ventricolo destro dal ventricolo sinistro). Da un punto di vista microscopico, l’alterazione microscopica più caratteristica è il disarray delle fibre miocardiche, che perdono la loro peculiare distribuzione ordinata e divengono incrociate. Inoltre i vasi sanguigni risultano ispessiti (iperplasia della media) e hanno ridotta capacità di portare nutrimento al cuore. C’è anche un aumento variabile della componente fibrotica.
La maggior parte dei pazienti con CMI è asintomatica o lievemente sintomatica. Alcuni possono sviluppare sintomi che richiedono trattamento specifico. I principali sono: Dolore al petto (dolore precordiale), Difficoltà respiratoria (dispnea), Palpitazioni, Sensazione di svenimento (pre-sincope), Sincope franca.
Le cause di questi sintomi sono molteplici; le principali sono:
1) l’incapacità del muscolo cardiaco di rilasciarsi in maniera adeguata dopo aver spinto il sangue in tutto il corpo (disfunzione diastolica);
2) insufficiente apporto di sangue per le necessità del miocardio ipertrofico (ischemia miocardica);
3) anomalie del ritmo cardiaco (aritmie), che possono provenire dalle camere superiori del cuore, gli atri (aritmie sopraventricolari) o dalle camere inferiori del cuore, i ventricoli (aritmie ventricolari);
4) la cosiddetta ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Quest’ultima condizione, presente in condizioni di riposo nel 30% circa dei pazienti e in percentuale maggiore durante sforzo fisico, è determinata dall’ispessimento della parete interventricolare che protrude nel cono di efflusso del ventricolo sinistro, provocando una stenosi definita subaortica (al di sotto della valvola aortica). A seconda della severità della sintomatologia esistono diverse terapie farmacologiche e terapie non farmacologiche più invasive.
L’esame obiettivo spesso rivela la presenza di un soffio cardiaco. Esistono diversi esami strumentali che servono per stabilire la diagnosi della malattia e valutarne la severità: l’elettrocardiogramma e L’ecocardiogramma che è l’esame principale per la diagnosi e valuta l’estensione della malattia, l’eventuale presenza di ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo sinistro e la funzione del cuore. L’ECG dinamico secondo Holter, valuta per un periodo prolungato, generalmente 24-48 ore, la presenza di aritmie cardiache. L’ECG sotto sforzo serve per valutare la capacità all’esercizio fisico del paziente, e la risposta della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa durante sforzo fisico. È importante valutare la presenza di ischemia cardiaca (sottoslivellamento del tratto ST).
Nella maggior parte dei casi la malattia ha un decorso benigno. Alcuni pazienti possono sviluppare sintomi che richiedono intervento farmacologico e, in casi più severi, interventi invasisi come la miotonia/miectomia o L’ablazione alcolica del setto interventricolare. Una minoranza dei pazienti è a rischio di aritmie ventricolari maligne, ed esistono una serie di indicatori di rischio che devono essere valutati periodicamente dal medico. In soggetti considerati ad alto rischio di aritmie ventricolari pericolose, è indicato l’impianto di un defibrillatore automatico in maniera preventiva. Una minoranza dei pazienti sviluppa segni e sintomi di insufficienza cardiaca legati a una dilatazione del cuore e a una ridotta capacità di pompare il sangue (evoluzione dilatativa-ipocinetica). Tali pazienti necessitano di una terapia specifica e, raramente, di un trapianto cardiaco.
I farmaci normalmente usati nella cardiomiopatia ipertrofica servono per ridurre la frequenza cardiaca e migliorare la capacità di riempimento del cuore e, per i pazienti con ostruzione, per ridurre la contrattilità e diminuire la pressione all’interno del cuore. I principali farmaci utilizzati sono i beta-bloccanti, i calcio-antagonisti (verapamil, diltiazem) e la disopiramide. Alcuni pazienti necessitano di diuretici. Una piccola percentuale di pazienti con ostruzione al tratto di efflusso ventricolare sinistro rimane sintomatica nonostante la terapia medica. In questi pazienti può essere indicato un intervento chirurgico di miotomia/miectomia (dove viene asportata una parte del muscolo ipertrofico) o un’ablazione alcolica del setto interventricolare.
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Miocardiopatia Restrittiva: si intende una patologia che interessa il muscolo cardiaco che si manifesta e caratterizza con la disfunzione diastolica del miocardio. Tale alterazione comporta una aumento della rigidità della camera ventricolare colpita, che si esplica a sua volta in una riduzione del rilasciamento cardiaco e del riempimento diastolico. I sintomi e i segni clinici sono gli stessi dello scompenso cardiaco congestizio Oltre alla scarsa tolleranza allo sforzo, dispnea, sono presenti astenia, edema, ascite, anasarca, epatomegalia. Le cardiomiopatie restrittive sono patologie che colpiscono il muscolo cardiaco e sono caratterizzate da ridotto riempimento ventricolare, riempimento restrittivo appunto, di uno o entrambi i ventricoli con funzione sistolica normale o lievemente depressa. Vengono principalmente distinte in primitive e secondarie.
Cardiomiopatie Primitive:
- Fibrosi Endomiocardica: è presente nelle aree tropicali, colpisce bambini e giovani, nel 50% entrambi i ventricoli e nel 40% solo il sinistro. E’ associata ad un alto tasso di mortalità. Il trattamento medico è di scarsa efficacia.
- Endocardite di Loeffler
- Cardiomiopatia restrittiva idiopatica: normalmente è una diagnosi di esclusione. E’ una malattia che può essere geneticamente predeterminata in modo autosomico dominante.
Cardiomiopatie secondarie:
- Amiloidosi
- Sarcoidosi
- Cardite da radiazioni: si può manifestare molti anni dopo il trattamento radioterapico con coinvolgimento della maggior parte delle strutture cardiache,
- Malattie da accumulo metabolico: Emocromatosi, Glicogenosi
Diagnosi
- Radiografia del torace consente di osservare l’ingrandimento, anche se lieve, del ventricolo sinistro e l’assenza di calcificazioni.
- Ecocardiografia, con tale esame si valuta l’ispessimento della parete ventricolare
- Elettrocardiogramma consente di escludere coinvolgimenti del pericardio e mostra eventuale fibrillazione atriale.
Il trattamento prevede la restrizione di sale e l’uso farmacologico dei diuretici diuretici e degli anticoagulanti possono apportare notevoli miglioramenti.
La prognosi cambia a seconda dei casi, spesso i sintomi si evolvono portando alla morte del soggetto.
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Miocardiopatia aritmogena del ventricolo destro: La displasia ventricolare destra aritmogena (ARVD), nota anche come cardiomiopatia ventricolare destra aritmogena (ARVC), è una malattia genetica del cuore, a patogenesi non-ischemica, che coinvolge principalmente il ventricolo destro. È caratterizzata da aree ipocinetiche a livello della parete libera del ventricolo destro o di entrambi i ventricoli, in cui il tessuto muscolare (miocardio) è sostituito da tessuto fibroso o fibro-adiposo. L’ARVD è un’importante causa di aritmie ventricolari nei bambini e nei giovani adulti. Ad una prima fase asintomatica fa seguito la comparsa di aritmie ventricolari, variabili da sporadiche extrasistoli a tachicardie ventricolari non sostenute e sostenute, con morfologia tipo blocco di branca.
Nelle fasi più tardive insorgono segni e sintomi di insufficienza cardiaca, come edema delle estremità, congestione epatica con aumento degli enzimi. Con il tempo, il ventricolo destro risulta sempre più colpito, ma nelle fasi terminali vi è frequente compromissione anche del ventricolo sinistro. Segni e sintomi del coinvolgimento ventricolare sx comprendono insufficienza cardiaca congestizia, fibrillazione atriale e un’aumentata incidenza di eventi trombo-embolici.
Meno frequentemente, la morte improvvisa insorge in un quadro totalmente asintomatico. Questo si verifica soprattutto in corso di esercizio fisico intenso in pazienti giovani.
Fino all’80% degli individui affetti presenta sincope o morte cardiaca improvvisa. Il paziente si presente di frequente con palpitazioni o altri problemi legati a tachicardia ventricolare. I sintomi sono generalmente legati all’esercizio fisico. Nelle popolazioni dove lo screening per la cardiomiopatia ipertrofica non è obbligatorio per gli atleti agonisti, l’ARVD è causa comune di morte cardiaca improvvisa. I primi segni clinici di ARVD si manifestano generalmente durante l’adolescenza; tuttavia segni sono stati dimostrati anche negli infanti.
La patogenesi della ARVD è per lo più sconosciuta. L’apoptosi (morte cellulare programmata) sembra giocare un ruolo fondamentale. Non è chiaro però perché solo un ventricolo risulti coinvolto. Il processo evolutivo della malattia inizia nella regione subepicardica e si porta verso la superficie endocardica, causando coinvolgimento transmurale (rendendo conto probabilmente della dilatazione del ventricolo destro). Il miocardio residuo è confinato nella regione subendocardica e a livello delle trabecole del ventricolo dx. Queste trabecole possono risultare ipertrofiche.
Una dilatazione aneurismatica si osserva nel 50% dei casi autoptici. Generalmente avviene nelle regioni diaframmatica, apicale e infundibolare (il cosiddetto triangolo della displasia). Il ventricolo sinistro è coinvolto nel 50-67% dei casi; nel caso in cui lo sia, è segno di prognosi infausta.
Vi sono due schemi di infiltrazione nell’ARVD:
1)Infiltrazione adiposa:
L’infiltrazione adiposa è confinata al ventricolo destro. Questa causa sostituzione parziale o totale del miocardio con tessuto adiposo senza assottigliamento della parete. Colpisce principalmente le regioni apicale e infundibolare del ventricolo dx. Il ventricolo sinistro e il setto interventricolare sono di solito risparmiati. Non sono evidenti infiltrati infiammatori. Esiste un’evidenza di degenerazione miocitica e morte nel 50% dei casi di infiltrazione adiposa.
2)Infiltrazione fibro-adiposa:
Questa infiltrazione implica la sostituzione di miociti con tessuto fibro-adiposo. Una miocardite riparativa è evidente nei 2/3 dei casi, con infiltrati infiammatori (principalmente linfociti T). L’atrofia miocardica è causata da danno tissulare e apoptosi. Questo causa assottigliamento del ventricolo destro (a meno di 3 mm di spessore); i miociti sono sostituiti da tessuto fibro-adiposo. Le regioni preferenzialmente colpite sono il tratto di afflusso del ventricolo destro, il tratto di efflusso e l’apice. Tuttavia, può essere coinvolta anche la parete libera del ventricolo sinistro. Il coinvolgimento del setto interventricolare è raro. Le zone colpite sono soggette alla formazione di aneurismi.
L’aritmia ventricolare tipicamente origina da ventricolo destro affetto. I tipi di aritmia vanno da “complessi ventricolari prematuri” (PVC) a “tachicardia ventricolare” fino a “fibrillazione ventricolare“. Mentre il fattore scatenante l’aritmia ventricolare non è chiaro, pare che possa essere causato da attività di innesco e da rientro. Le aritmie ventricolari sono di solito legate all’esercizio fisico, suggerendo una certa sensibilità alle catecolamine. I battiti ventricolari hanno tipicamente una deviazioni assiale destra. Una morfologia multipla dell’aritmia ventricolare può essere presente nello stesso individuo, suggerendo foci aritmogenici multipli. La tachicardia del tratto di efflusso del ventricolo dx è la più comune tachicardia ventricolare osservata in pazienti con ARVD. In tal caso, l’ECG mostra un blocco di branca sinistro.
I test per la diagnosi della ARVD includono elettrocardiogramma (ECG), ecocardiografia e risonanza magnetica cardiaca (MRI cardiaca).
Scopo della cura della ARVD è la diminuzione dell’incidenza della morte cardiaca improvvisa. Ciò pone un problema clinico: quale trattamento profilattico effettuare su un paziente asintomatico positivo agli screening familiari. Un certo sottogruppo di individui viene considerato ad alto rischio di morte cardiaca improvvisa.
Le caratteristiche associate a morte cardiaca improvvisa includono:
Giovane età
Attività sportiva agonistica
Storia familiare grave
Estesa malattia ventricolare con riduzione della frazione di eiezione ventricolare dx
Coinvolgimento ventricolare sx
Sincope
Episodi di aritmia ventricolare
La terapia opzionale include trattamento farmacologico, chirurgico, ablazione con catetere e impianto di un defibrillatore-cardioverter. Il defibrillatore viene destinato a tutti i pazienti rianimati da un arresto cardiaco e, in prevenzione primaria, in pazienti che hanno già presentato sincope, aritmie ventricolari sostenute o importante deficit di pompa.
Nei pazienti refrattari a tutte le terapie, che presentino grave disfunzione biventricolare, l’unica terapia possibile è il trapianto cardiaco.