L’epatite C è una malattia infettiva del fegato causata da un virus a RNA (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della famiglia dei Flaviviridae.
L’infezione spesso decorre in maniera asintomatica o presenta sintomi vaghi e aspecifici. La guarigione avviene in circa il 20% dei casi, ma in un’elevata percentuale di casi (circa 80-85%), l’infezione acuta può cronicizzare e trasformarsi in una patologia di lunga durata e/o condurre alla cirrosi, una condizione grave del fegato che può portare a sviluppare insufficienza epatica e tumore del fegato.
Si stima che ogni anno si verifichino 3-4 milioni di nuovi casi. Le persone cronicamente infette sono circa 150 milioni. Ogni anno muoiono circa 350.000 persone a causa di patologie del fegato HCV correlate. La malattia è diffusa in tutto il mondo. I paesi con i più alti tassi di infezioni croniche sono l’Egitto, il Pakistan e la Cina.
COME SI TRASMETTE
Il virus dell’epatite C si trasmette venendo a contatto con il sangue di una persona infetta (uso di droghe per via endovenosa, trasfusioni di sangue infetto, utilizzo di strumentazioni mediche o estetiche non sterili). Ancora oggi la condivisione di aghi o siringhe è il maggior fattore di rischio di contrarre la malattia. Le trasfusioni di sangue ed emoderivati hanno rappresentato fino agli anni ’90 il fattore di rischio prevalente per la diffusione dell’HCV. Tuttavia, dopo l’introduzione dello screening obbligatorio del sangue basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV il tasso di incidenza di epatite C associato alle trasfusioni si è quasi azzerato. Meno frequente, ma non impossibile, è la trasmissione per via sessuale. Tuttavia, il rischio è maggiore se si ha un’attività sessuale con più partner in quanto maggiore è la possibilità di contrarre malattie veneree le cui lesioni cutanee possono costituire un porta di ingresso o di uscita per il virus dell’epatite C. L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi.
SINTOMI E SEGNI
L’epatite C decorre spesso in maniera del tutto asintomatica. I sintomi, quando presenti, sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero (colorazione gialle di sclere e cute). I sintomi si possono presentare prevalentemente dopo due o tre mesi dall’infezione. Dopo l’infezione acuta circa il 60-80% evolve verso l’epatite cronica, spesso accompagnata da una sintomatologia aspecifica dominata spesso da uno stato di fatica e malessere persistenti.
COMPLICANZE
La complicanza più frequente è rappresentata dalla cronicizzazione dell’infezione acuta; l’epatite C può diventare cronica in un’elevata percentuale di casi (si stima fino all’85%). Inoltre, nel giro di 15-30 anni dall’infezione, circa il 20% dei pazienti con epatite cronica progredisce verso la cirrosi epatica, che è il risultato di un processo continuo di danno e riparazione del parenchima epatico con conseguente fibrosi che conduce ad insufficienza epatica.
Altre complicanze importanti sono la formazione di varici nell’esofago e nello stomaco, che rompendosi causano emorragie e l’accumulo di liquido nell’addome (ascite) che può infettarsi. Inoltre, le sostanze tossiche che dovrebbero essere smaltite dal fegato possono essere riversate direttamente nel sangue e arrivare al cervello, determinando uno stato confusionale che può arrivare fino al coma (encefalopatia epatica). La complicanza più grave dell’infezione cronica da HCV è il carcinoma epatico, che colpisce ogni anno il 4-6% dei soggetti con cirrosi.
DIAGNOSI
Dal momento che molti soggetti non sviluppano una sintomatologia classica, la diagnosi di epatite C si affida soprattutto agli esami del sangue. Molto spesso, infatti, si scopre di avere l’epatite C solo grazie a questi esami eseguiti, ad esempio, in occasione di una donazione del sangue o di un intervento chirurgico.
Gli esami disponibili per diagnosticare l’epatite C sono:
- ricerca degli anticorpi anti-HCV, per stabilire se il soggetto è entrato in contatto con il virus e se ha, quindi, sviluppato anticorpi. Questo esame non permette di distingue tra malattia pregressa o in atto;
- ricerca dell’HCV-RNA, per determinare la presenza o meno del virus nel sangue. La valutazione della carica virale, per confermare la diagnosi di epatite C, si basa su un test molecolare basato sulla polymerase chain reaction (PCR), una tecnologia molto sensibile che consente di analizzare quantità minime del genoma dell’HCV. Se questo test risulta positivo (HCV-RNA qualitativo), significa che la replicazione virale è in corso e, quindi, vi è un’infezione. La stima della carica virale (HCV-RNA quantitativo) fornisce, inoltre, importanti indicazioni sulla risposta del paziente al trattamento e all’eventuale necessità di modificare il regime terapeutico;
- genotipizzazione virale, per stabilire il genotipo del virus (ad esempio 1a, 2a, 2b, 3…). Anche questa indagine è utile per impostare correttamente la terapia antivirale;
È, inoltre, possibile valutare in modo indiretto lo stato di infiammazione del fegato determinando i livelli delle transaminasi epatiche. Una volta accertata la presenza del virus si può eseguire una biopsia per avere un quadro più preciso sull’entità e sul tipo di danno al fegato.
TERAPIA
Il trattamento di riferimento è una combinazione di interferone alfa pegilato e ribavirina. La durata del trattamento dipende principalmente dal genotipo virale, dalla carica virale pre-trattamento e dagli esiti dell’HCV RNA in corso di terapia. La terapia è efficace ma non priva di effetti collaterali.
Nel corso del 2011, sono stati approvati due nuovi farmaci antivirali, il boceprevir e il telaprevir, che andranno ad affiancare l’interferone e la ribavirina contro i genotipi più difficili da trattare.
Quando l’epatite cronica da HCV arriva allo stadio avanzato di cirrosi e sono presenti complicanze, appare opportuno iniziare una valutazione per un eventuale trapianto epatico.
PREVENZIONE
Dal momento che non è disponibile un vaccino anti-HCV, le uniche misure di prevenzione realmente efficaci sono rappresentate dall’osservanza delle norme igieniche generali, e dall’adozione di corretti comportamenti quali:
- usare il preservativo nei rapporti sessuali a rischio;
- evitare lo scambio di oggetti personali, quali spazzolino da denti, forbicine, rasoi, tagliaunghie, siringhe riutilizzabili;
- in caso di tatuaggi, fori alle orecchie o in altre parti del corpo (piercing), pratiche estetiche che prevedano l’uso di aghi, accertarsi del rispetto delle condizioni igieniche dei locali in cui vengono eseguiti e pretendere l’uso di aghi usa e getta
- evitare lo scambio di siringhe usate.
La diagnosi precoce è fondamentale per evitare di trascurare la malattia e le sue complicanze.
È bene rivolgersi al proprio medico di famiglia per avere maggiori informazioni e sapere se e quando effettuare gli accertamenti.