Viene definito come una concomitante dilatazione dell’aorta toracica ed addominale tale da avere un diametro uguale o superiore a 4 cm ovvero pari a 2 volte il diametro normale. Tale dilatazione può essere favorita da debolezza e minor elasticità dovuta alla degenerazione della struttura della parete aortica.
Esistono diversi tipi di aneurismi in base a localizzazione, forma (fusiformi o sacculari) e dimensione (in base al diametro). Gli aneurismi toracico-addominali si possono verificare in presenza di varie condizioni fisiopatologiche favorenti: la sindrome di Marfan e la sindrome di Ehlers–Danlos; altre malattie del tessuto connettivo; l’aterosclerosi; diverse patologie infiammatorie o infettive; l’ipertensione arteriosa; il fumo; i traumi.
E’ dato acquisito che tutti gli aneurismi toraco-addominali, di qualunque eziologia e natura tendano inevitabilmente alla rottura, che si verifica nel 77% dei pazienti non trattati, con una sopravvivenza a 5 anni che non supera il 20%. Come si evince da questi dati quindi la storia naturale di tale patologia è sfavorevole, e per questo motivo l’indicazione al trattamento è consigliata in presenza di dilatazioni superiori a 5 cm ed assoluta quando il diametro dell’aneurisma supera i 6 cm.
La conseguenza finale di questa dilatazione dell’aorta toraco-addominale è la rottura nel torace o nell’addome e ciò causa una emorragia che si rivela sempre fatale e che non è possibile prevedere. L’unico trattamento possibile attualmente è quello chirurgico. Questo tipo di chirurgia aortica rappresenta uno degli interventi cardiovascolari più estesi, e presenta un elevato tasso di complicanze postoperatorie. La mortalità nelle forme più estese è di circa il 10%.
Le complicanze più frequenti sono rappresentate dall’insufficienza respiratoria (30% circa dei casi), legata a polmoniti e broncopolmoniti, versamento pleurico, alterazioni del diaframma, pneumotorace ed emotorace; dall’infarto miocardio intra e postoperatorio (circa 20% dei casi, ma tale valore aumenta significativamente in pazienti già affetti da malattia delle coronarie); dall’insufficienza renale (15% dei casi) che può risolversi con la terapia medica ma può anche richiedere trattamento dialitico temporaneo o definitivo; dalle lesioni neurologiche (8% dei casi), con paralisi degli arti inferiori, che può regredire parzialmente o completamente in alcuni mesi, ma può anche essere irreversibile e costringere all’utilizzo della sedia a rotelle per tutta la vita, talora accompagnata da difficoltà alla minzione sino all’utilizzo di un catetere vescicale a permanenza e da una impotenza sessuale completa; dalle complicanze emorragiche (10% dei casi) e dalla sofferenza ischemica dei visceri addominali (5% dei casi). Se queste complicanze non si realizzano, il periodo di ospedalizzazione si aggira intorno ai 14 giorni, in caso di complicanze la degenza può durare anche mesi. Infine può verificarsi, come complicanza, l’infezione della ferita chirurgica o della regione interessata dall’intervento con coinvolgimento polmonare, renale o di altri organi.