Il cancro della cervice uterina è un tumore della sfera genitale femminile che colpisce la parte più esterna dell’utero (detta anche collo o portio), quella cioè facilmente esplorabile con la visita ginecologica. Si tratta di una forma tumorale il cui impatto si è drasticamente ridotto, nei Paesi industrializzati, negli ultimi 30 anni grazie alla prevenzione attuata dall’uso del Pap-test nei programmi di screening. Nonostante ciò, oggi in Italia vengono diagnosticati ogni anno circa 3.200 nuovi casi di carcinoma della cervice uterina e oltre 1.500 donne muoiono a causa di questo tumore. Il cancro della cervice uterina, infatti, in genere non dà sintomi nelle fasi più precoci di sviluppo: per questa ragione è importante mettere in atto misure preventive che consentano di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che evolvano in carcinoma.
SEGNI E SINTOMI
Il cancro della cervice uterina, ai suoi stadi iniziali, il più delle volte non dà alcun sintomo. In genere i primi segnali di allarme sono:
- sanguinamento vaginale (specie dopo un rapporto sessuale), talvolta accompagnato da secrezioni maleodoranti;
- dolore nella parte bassa dell’addome;
Quando il tumore è in fase più avanzata possono presentarsi sintomi dovuti alla crescita del tumore e, quindi, al coinvolgimento degli organi adiacenti:
- costipazione;
- sangue nell’urina;
- dolore alle ossa e alla schiena;
- gonfiore di una delle gambe;
- perdita di appetito e di peso;
- stanchezza;
CAUSE
Il cancro della cervice uterina è il primo tumore per cui sia stata riconosciuta una causa infettiva. Origina infatti da lesioni causate da infezioni croniche da Papillomavirus umano (HPV), un virus molto comune che si trasmette prevalentemente per via sessuale. Esistono oltre 100 tipi di Papillomavirus: alcuni di essi sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi (HPV tipo 6 e 11), altri sono in grado di produrre lesioni pre-invasive (displasie) e invasive, cioè il tumore della cervice uterina (specie i virus di tipo 16 e 18).
L’infezione da Papillomavirus è la più frequente tra le infezione sessualmente trasmesse. Tuttavia, soltanto una piccola parte delle infezioni (circa il 10%) può evolvere verso forme tumorali, specie in presenza di alcuni cofattori (fumo di sigaretta). La maggior parte delle infezioni, invece, è transitoria e guarisce spesso spontaneamente. In genere il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è lungo (alcuni 5 anni); perchè si sviluppi il tumore della cervice vero e proprio possono invece occorrere decenni. Questi lunghi tempi consentono di attuare con efficacia i test di screening (pap-test e test virale) e di avere ottimi risultati in termini di prevenzione. Ovviamente, l’adesione al programma nazionale di vaccinazione HPV consentirà un maggior livello di protezione della popolazione vaccinata.
DIAGNOSI
La diagnosi di cancro del collo dell’utero si avvale di diverse indagini:
- la visita ginecologica è il cardine della diagnostica, poiché si basa sulla facile visibilità ed esplorabilità del collo dell’utero;
- la colposcopia è un esame di approfondimento diagnostico che, mediante una fonte luminosa ed un sistema di ingrandimento, visualizza le aree a maggior rischio;
- la biopsia consiste in un prelievo di tessuto delle aree in cui si sospetta la presenza di cellule tumorali. In genere viene eseguita contestualmente alla colposcopia;
- la tac e la risonanza magnetica sono impiegate per valutare se e quanto il tumore è esteso;
TERAPIA
Il tipo di terapia impiegata nei pazienti con cancro del collo dell’utero dipende soprattutto dallo stadio del tumore. A seconda dei casi può comprendere:
- la chirurgia: il grado di aggressività dell’intervento dipende dall’estensione del tumore. La conizzazione, cioè la rimozione di un “cono” di tessuto in corrispondenza della lesione, può essere attuata solo in alcuni selezionati casi molto iniziali. Negli altri casi, cioè quando il tumore è di piccole dimensioni (<4cm) e confinato alla portio, il trattamento chirurgico consiste nella isterectomia radicale: rimozione di tutto l’utero cervice uterina, annessi, delle parti immediatamente circostanti (paramètri) e dei linfonodi regionali. I tumori estesi agli organi adiacenti (vescica e retto) di solito vengono trattati con protocolli di radio-chemioterapia e molto raramente, in situazioni selezionate, con procedure chirurgiche ultra-radicali;
- la radioterapia: consiste nell’utilizzo di radiazioni per distruggere le cellule tumorali presenti nell’organismo. Può essere somministrata in maniera tradizionale dall’esterno o dall’interno: in tal caso un dispositivo in grado di emettere radiazioni viene inserito nel canale vaginale in modo da colpire selettivamente l’area interessata dal tumore e ridurre gli effetti collaterali;
- la chemioterapia: è in genere impiegata nelle forme più avanzate di cancro della cervice. Specie per rallentare la progressione del cancro e alleviarne i sintomi;
COMPLICANZE
Il cancro della cervice uterina, specie nella sua fase avanzata, può presentare numerose complicanze. Le più comuni sono:
- dolore e sanguinamento: come altre forme tumorali, quando il tumore della cervice uterina si diffonde a terminazioni nervose, ossa, muscoli o rami artero-venosi può causare, rispettivamente, dolore o sanguinamenti profusi;
- insufficienza renale: in alcuni casi, il cancro in stadio avanzato può coinvolgere o comprimere l’uretere (il canale che collega i reni alla vescica), bloccando il flusso di urina in uscita dai reni;
- trombosi venosa profonda: come altre forme di cancro, il cancro della cervice rende il sangue meno fluido e ciò facilita la formazione di coaguli di sangue (trombi) che possono ostruire le vene (spesso delle gambe);
- fistole: il tumore può danneggiare i tessuti che dividono i diversi organi e produrre una via di comunicazione tra due organi che fisiologicamente sono separati (fistola). Le fistole più comuni nel caso di cancro della cervice uterina sono quelle tra vagina e vescica e tra vagina e intestino retto;
PREVENZIONE
Il cancro della cervice uterina può essere efficacemente prevenuto sia attraverso la diagnosi precoce, ma soprattutto mediante la vaccinazione contro il Papillomavirus.
SCREENING
Il cancro della cervice uterina (o del collo dell’utero) è il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile. In Italia si stima colpisca circa 3.500 donne l’anno. Questo tumore è causato da un’infezione persistente da papillomavirus umano (HPV), che si trasmette per via sessuale ed è molto frequente soprattutto nelle persone giovani. La maggior parte delle infezioni regredisce spontaneamente, quando invece l’infezione persiste nel tempo si formano lesioni nel tessuto del collo dell’utero che possono evolvere in cancro. Esistono molti tipi diversi di virus HPV ed il rischio di cancro dipende fortemente da alcuni tipi ben identificati: ad esempio i virus HPV 16 e HPV 18 sono considerati tra i più pericolosi.
L’acquisizione dell’infezione è necessaria per sviluppare il tumore, tuttavia vi sono anche altri fattori che contribuiscono all’insorgenza del cancro, quali il fumo di sigaretta, le abitudini sessuali, la presenza in famiglia di parenti strette con questo tumore, una dieta povera di frutta e verdura, l’obesità.
Il lasso di tempo tra infezione e sviluppo del tumore è lungo ed è possibile intercettare e trattare le lesioni prima che degenerino. Dato che sia le infezioni che le lesioni possono non dare nessun segno clinico ed essere quindi inapparenti è necessario eseguire alcuni esami specifici per identificarle. Gli screening sono programmi di sanità pubblica offerti alla popolazione generale che offrono la possibilità di effettuare esami specifici per identificare precocemente lesioni pre-cancerose in modo da trattarle e risolverle.
L’esame di screening
Il test impiegato finora nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test. Deve essere effettuato da tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni ogni tre anni . Secondo le prove scientifiche disponibili è questo infatti l’intervallo di tempo che rende massimi i benefici dello screening e riduce al minimo i costi e le visite richieste . L’intervallo, infatti, è sufficientemente breve per rendere poco probabile tra un test e l’altro lo sviluppo di un tumore. Mentre non è così breve da individuare lesioni che regredirebbero spontaneamente e quindi a indurre a effettuare un trattamento che non sarebbe necessario. Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone. Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali. Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo tre anni. Recentemente sono stati messi a punto sistemi che permettono di identificare direttamente la presenza di infezione da HPV e che potrebbero in futuro sostituire il Pap-test tradizionale nei programmi di screening.
Gli esami di approfondimento
Qualora invece il Pap-test risultasse positivo, vale a dire nei casi in cui l’analisi al microscopio mostra la presenza di cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali, il protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di esami di approfondimento.
In primo luogo la donna è invitata a eseguire una colposcopia. Si tratta di un esame che, attraverso l’utilizzo di un apposito strumento (il colposcopio) permette la visione ingrandita della cervice uterina. In tal modo il medico è in grado di confermare la presenza di lesioni pretumorali o tumorali e valutarne l’estensione.
Alla colposcopia può far seguito una biopsia, cioè un prelievo di una piccola porzione di tessuto anomalo da sottoporre a un’analisi che confermi definitivamente le caratteristiche esatte della sospetta lesione.
Il trattamento
L’adesione puntuale ai programmi di screening (in particolare il rispetto degli intervalli prefissati) aumenta notevolmente le probabilità di individuare lesioni a uno stadio di sviluppo molto precoce. Ciò consente il più delle volte di interrompere il cammino della lesione verso il tumore avanzato con un piccolo intervento chirurgico. L’incidenza dei tumori della cervice uterina in Italia, negli ultimi dieci anni è diminuita di quasi il 25%, proprio a causa degli effetti positivi dello screening e del trattamento precoce. Tuttavia, l’approccio terapeutico, che all’interno dei programmi di screening è rigidamente codificato nel rispetto delle prove di efficacia, è diverso a seconda della natura della lesione identificata. In particolare, la lesione viene considerata tanto più grave quanto più si è estesa in profondità nella parete del collo dell’utero. In genere, nel caso di lesioni che hanno alte probabilità di regredire spontaneamente si preferisce attendere e valutare nuovamente la situazione dopo un nuovo ciclo di screening. Nel caso di lesioni di gravità intermedia le lesioni vengono rimosse con piccoli interventi chirurgici, eseguiti in ambulatorio e in anestesia locale. Nel caso di lesioni gravi, che sono comunque molto rare e più frequenti nelle persone che non hanno mai eseguito esami di screening, la donna deve seguire un iter terapeutico più complesso a seconda dell’esatta natura e dell’estensione della lesione.
VACCINAZIONE CONTRO HPV
Perché vaccinarsi
Il fatto che il cancro del collo dell’utero sia di origine infettiva consente di adottare contro questa malattia una strategia sconosciuta per le altre forme di tumore. Attraverso la vaccinazione contro il Papillomavirus è infatti possibile interrompere all’origine la catena che dall’infezione porta al cancro. Se grazie al vaccino l’organismo è in grado di contrastare l’infezione da Papillomavirus, allora non si potranno verificare i cambiamenti delle cellule del collo dell’utero, che portano allo sviluppo del tumore.
I vaccini contro il Papillomavirus
Oggi sono disponibili due vaccini contro il Papillomavirus:
uno protegge contro i tipi 16 e 18 (i tipi di virus in grado di causare le lesioni pretumorali)
l’altro offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 (quelli che causano il maggior numero di condilomi).
Entrambi i vaccini hanno un’efficacia elevata, se somministrati prima che la persona sia stata contagiata con il virus HPV, che si acquisisce, di norma, subito dopo l’inizio dell’attività sessuale. Inoltre inducono una migliore risposta immunitaria nelle persone più giovani. Per questa ragione la campagna di vaccinazione contro il Papillomavirus è indirizzata alle bambine di età compresa tra gli 11 e i 12 anni. La vaccinazione in questa classe di età, secondo le informazioni scientifiche oggi disponibili, consente di prevenire, nella quasi totalità dei casi, l’insorgenza di un’infezione persistente dei due ceppi virali, che più frequentemente provocano il tumore della cervice uterina. Ambedue i vaccini sembrano presentare un certo grado di protezione verso altri ceppi di HPV.
Chi deve vaccinarsi
La vaccinazione HPV è raccomandata dal Ministero della salute è offerta gratuitamente a tutte le ragazze nel dodicesimo anno di età: la vaccinazione è molto più efficace, se effettuata prima dell’inizio dell’attività sessuale; inoltre in fascia di età la risposta immunitaria al vaccino è maggiore.
Alcune Regioni, però, offrono gratuitamente la vaccinazione anche a fasce più ampie della popolazione (fino a 18 anni di età). Per maggiori informazioni rivolgersi alla propria Asl o al proprio medico di famiglia.
Dove vaccinarsi
I vaccini sono somministrati gratuitamente dalla Asl di appartenenza su richiesta dei genitori. Alcune Regioni prevedono l’invito attivo delle ragazze, che vengono contattate, in genere, tramite lettera dalla propria Asl.
Come si fa la vaccinazione
La somministrazione del vaccino viene effettuata per via intramuscolare (sul braccio). Il programma di vaccinazione (la cosiddetta schedula vaccinale) prevede la somministrazione di una dose iniziale e di due richiami entro 6 mesi dalla prima vaccinazione.
Vaccinarsi dopo i 12 anni
Anche se non si rientra tra le categorie a cui la vaccinazione è offerta gratuitamente, è possibile acquistare il vaccino in farmacia, con l’indicazione e prescrizione del proprio medico. È necessario ricordare che il vaccino è meno efficace nelle donne che hanno già contratto l’infezione da HPV e che quest’ultima è molto frequente nelle persone con una vita sessuale attiva.
Screening ancora fondamentale
Il vaccino contro il Papillomavirus rappresenta una straordinaria arma contro il cancro del collo dell’utero. Tuttavia non sostituisce lo screening contro questo tumore, che è attualmente raccomandato per le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni. Il vaccino protegge infatti dalle lesioni causate soltanto da due genotipi di HPV (16 e 18) che sono responsabili di circa il 70 per cento dei tumori della cervice uterina.