La malformazione può essere diagnosticata dopo un’emorragia o in conseguenza di una crisi convulsiva oppure a causa di un mal di testa. In conseguenza del continuo progresso ottenuto nelle tecniche di imaging (raffigurazione mediante immagini radiografiche) del cervello, la diagnosi di una lesione cerebrale asintomatica o minimamente sintomatica, sta diventando sempre più facile. Senza tener conto di come la diagnosi possa essere stabilita, una volta che la diagnosi di malformazione cerebro-vascolare è stata posta, il passo successivo da compiere è quello di stabilire l’esatto tipo della malformazione. Questo punto ha grande influenza sulla necessità di trattamento e sugli esatti dettagli del potenziale tipo di trattamento.
I tipi di malformazione cerebro-vascolare sono essenzialmente quattro:
Telangectasie: sono usualmente piccole lesioni (da 0.3 mm ad 1.0 cm), composte da sottili vasi sanguigni, simili ai sottili capillari cerebrali. Questi vasi sono separati gli uni dagli altri da un tessuto cerebrale apparentemente sano. Queste lesioni sono raramente sintomatiche e molto comunemente sono solo un incidentale reperto autoptico.
Malformazioni Cavernose o cavernomi: Sono le malformazioni più comuni ed esse vengono scoperte molto più comunemente grazie all’avvento delle metodiche radiodiagnostiche sofisticate quali la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) e la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC). Questo tipo di lesione è anche chiamata angioma cavernoso. Queste malformazioni sono lesioni ben definite le quali possono raggiungere dimensioni ragguardevoli ed essere talvolta confuse con tumori cerebrali. Al microscopio queste anomalie vascolari sono costituite da ampi canali vascolari riempiti di sangue, chiamati caverne. Questi vasi sono adiacenti gli uni agli altri e fra di loro non è riconoscibile tessuto cerebrale “sano”. I cavernomi a volte sono identificati come malformazioni vascolari criptiche o Malformazioni Vascolari Angiograficamente Occulte (MVAO o, all’inglese AOVMs), in quanto possono non essere visualizzabili o visualizzate all’angiografia cerebrale standard.
Malformazioni Venose o angiomi venosi: possono rappresentare una variante delle vene normali. Non hanno un rifornimento arterioso definito. Le vene di queste malformazioni sono separate tra di loro da tessuto cerebrale normale. Queste lesioni sono molto comuni, benigne dal punto di vista di un’emorragia potenziale (sanguinano difficilmente) o dell’insorgenza di una crisi convulsiva. Possono essere lasciate senza necessità di trattamento.
Malformazioni artero-venose vere (MAV o all’inglese AVMs): sono le lesioni più importanti dal punto di vista clinico. Queste lesioni sono formate da un ammasso di arterie e di vene arterializzate, contenenti cioè sangue arterioso (poiché vi è un afflusso da parte di una o più arterie, la componente venosa riceve sangue arterioso senza l’interposizione di capillari). Tra i vasi componenti la malformazione è compreso tessuto cerebrale usualmente anormale, in genere infarcito di sangue e reso fibroso da precedenti emorragie, di cui il paziente non si è reso conto o che si sono manifestate solo tramite un forte mal di testa.
Normalmente il sangue entra nel tessuto cerebrale tramite le arterie maggiori, poi passa attraverso le arterie più piccole e successivamente nel letto capillare. I capillari sono sottili vasi all’interno del tessuto cerebrale che, allo stesso modo degli altri organi, consentono al sangue di cedere l’ossigeno ed il glucosio necessari al nutrimento cerebrale e di rimuovere dal cervello stesso i prodotti terminali del metabolismo cerebrale. Dopo essere passato attraverso i capillari, il sangue entra nelle venule del sistema per passare infine nelle vene, all’interno delle quali il sangue assume una colorazione bluastra a causa della trasformazione dell’emoglobina per l’abbassamento della tensione di ossigeno, che è stato ceduto al cervello. Al contrario, il sangue arterioso che entra nel cervello dopo essere passato attraverso i polmoni ha l’emoglobina con un’elevata tensione di ossigeno ed il sangue è pertanto di colore rosso.
Quando esiste una MAV il sangue è corto-circuitato direttamente dal sistema arterioso al sistema venoso, senza passare attraverso i capillari. Questo fatto determina diversi effetti. Primo, il contenuto di ossigeno emoglobinico resta elevato e per questo, all’intervento chirurgico le vene appaiono rosse ed arterializzate. Secondo, poiché nel passaggio dalle arterie alle vene tramite i capillari, vi è una caduta nella pressione ematica, nella MAV tale caduta non avviene. Pertanto la velocità di flusso del sangue, il flusso del sangue e la sua pressione restano elevati. Ciò contribuisce a determinare le emorragie e gli attacchi epilettici.
Le MAV possono presentarsi in sedi molto diverse all’interno del cervello e del midollo spinale. Molto frequentemente esse vengono individuate solo quando hanno determinato una sintomatologia evidente. Ad esempio se la MAV è localizzata nel centro che governa il linguaggio e determina una piccola crisi epilettica, il paziente può avere disturbi transitori del linguaggio, con difficoltà a parlare od a trovare le parole. Se la MAV ha sanguinato, il disturbo della parola può essere più grave e duraturo. Spesso dopo che una MAV ha sanguinato, i conseguenti deficit neurologici migliorano dopo alcuni giorni o settimane, ma ciò in larga misura dipende dalla sede e dall’estensione dell’emorragia.
Il trattamento delle MAV è stato notevolmente migliorato dall’adozione di strategie di gruppo, utilizzando modalità terapeutiche combinate. Utilizzando questa strategia viene offerto al paziente un piano di trattamento che fornisca i rischi minori e garantisca la più alta percentuale di successo nell’obliterare la lesione. Le attuali modalità terapeutiche comprendono l’introduzione endovascolare di sostanze che possano occludere tutta la MAV o parte della stessa, tecniche microchirurgiche standardizzate per rimuovere la MAV con il minor rischio di sanguinamento e con la maggiore garanzia possibile di rimozione totale, oppure la possibilità di terapie radiochirurgiche. Le tecniche endovascolari ottenibili al momento comprendono sottili cateteri che possano arrivare fino ai vasi afferenti alla MAV: una volta che il catetere ha raggiunto il “nido” della MAV, si possono iniettare materiali diversi per “occludere” tutta la MAV o parte di essa. La tecnica endovascolare comporta un rischio del 3-5% di gravi complicazioni, comunque essa può rendere significativamente più sicura la successiva rimozione chirurgica della MAV oppure può determinare la riduzione di volume della MAV ad una dimensione tale per la quale la radiochirurgia comporta un’efficacia molto più elevata.
Circa il 5-10% delle MAV possono essere curate (obliterate completamente all’esame angiografico successivo) utilizzando le tecniche endovascolari. Se, dopo l’embolizzazione, persiste un residuo di flusso attraverso una parte della MAV, il paziente resta a rischio di una futura emorragia. Nei pazienti nei quali l’embolizzazione è stata impiegata prima dell’intervento chirurgico la successiva operazione è molto più facilitata in confronto ai quei pazienti nei quali l’embolizzazione non è stata eseguita. La durata dell’intervento operatorio viene ad essere molto ridotta, come viene altrettanto ridotta la perdita di sangue che si ha durante la resezione di queste lesioni. In alcuni casi le tecniche di embolizzazione con parziale obliterazione della MAV, vengono usate come manovre palliative. I pazienti con edema importante o con una sindrome da furto dovuta alla MAV, possono avvalersi di una parziale obliterazione. Sebbene questa manovra non protegga da una successiva emorragia essa spesso aiuta a ridurre la sintomatologia neurologica e consente al paziente di condurre una vita normale.
Se la MAV viene ridotta significativamente di volume la lesione può essere sensibile alle tecniche di radiochirurgia stereotassica nelle quali viene utilizzato un fascio di radiazioni focalizzate sulla lesione in un unico tempo di trattamento. Questa irradiazione determina una variazione delle pareti dei vasi anomali e nel corso di 2-3 anni le MAV possono risultare obliterate ad un’angiografia successiva. Questa tipo di tecnica è più efficace nelle lesioni di volume minore (diametro inferiore a 2.5 cm). una percentuale di obliterazione superiore all’85% è stata riportata dopo due anni di trattamento. Il rischio di danno al normale tessuto cerebrale circostante la lesione, dipende dalla dose di radiazioni impiegate. Il rischio di danno al circostante cervello sano, può essere usualmente tenuto inferiore al 3-4%.
La decisione se trattare o non trattare una certa MAV, dipende dalla sua localizzazione e dall’estensione dei possibili deficit prevedibili in conseguenza del futuro intervento. Questi rischi possono essere valutati nei confronti di quelli legati alla storia naturale delle lesioni non trattate. Se il trattamento può essere offerto al paziente con una percentuale di rischio relativamente più bassa della storia naturale della malattia, allora bisogna proporre al paziente di trattare la lesione. Il trattamento delle MAV è stato molto facilitato dalla scelta di una strategia di trattamento multidisciplinare di gruppo. I neurologi, i neuradiologi interventisti ed i neurochirurghi che lavorano in gruppo possono definire in un paziente con una determinata storia naturale e con una data MAV la migliore strategia di trattamento. Si spera che utilizzando tale tipo di approccio di squadra, si possano ottenere risultati sempre più vantaggiosi per i pazienti.